Mogoro

Mogoro è un comune della provincia di Oristano costituito da 4.441 abitanti.

Situato nella zona centro occidentale dell’isola sarda, rappresenta uno dei centri più importanti della provincia, e in epoca prenuragica era il centro per la lavorazione dell’ossidiana.

Ubicato in una zona ricca di terre fertili il suo territorio è inserito nel Parco Geominerario Storico ed Ambientale della Sardegna, Area 1, Monte Arci, riconosciuto dall’U.N.E.S.C.O.

Conosciuto principalmente per il suo fiorente artigianato tessile, del legno e agroalimentare che, insieme al settore vitivinicolo, ricopre un importante vetrina nell’ormai tradizionale fiera del tappeto.

Mogoro ospita diverse testimonianze storiche dal periodo prenuragico all’epoca romana tra cui spiccano i resti del villaggio prenuragico Puisteris, la chiesa del Carmine, la chiesa di Sant’Antioco, e il complesso di Cuccurada, da cui la Cantina di Mogoro prese ispirazione per la creazione del suo marchio.

Uva rossa

Le Chiese

Tra le strade di Mogoro è possibile ammirare la chiesa di Sant’Antioco, un tempo patrono del paese, eretta probabilmente nel XVII sec. e caratterizzata da una scalinata in basalto nero.

A due passi dalla cantina “Il Nuraghe” sorge la piccola chiesa dedicata alla Vergine assunta in Cielo.

La chiesa di Santa Maria Carcaxia risale con molta probabilità all’anno Mille, più volte distrutta e ricostruita. A una sola navata, con campanile a vela e un piccolo abside semicircolare è costruita con pietra bianca e basalto. La chiesa appare oggi completamente immersa nel verde dei vigneti e oliveti.

In stile barocco romanico, la Cattedrale di San Bernardino. La statua della Madonna del Rosario presente nella chiesta, viene collocata in occasione della festa di Ognissanti (S’Inserru) all’interno di una nicchia per sei mesi, mentre per i sei mesi successi viene esposta alla devozione dei fedeli al centro della chiesa.

All’interno è possibile inoltre ammirare l’altare della Cappella del Rosario e una croce argentea processionale dei primi del ‘600. Costruita all’inizio del XIV secolo, la Chiesa del Carmine, in stile romanico gotico, fece parte del convento dei Carmelitani giunti a Mogoro nel 1600 e partiti nel 1855 in seguito alla soppressione dei monasteri e del passaggio dei beni ecclesiastici allo Stato.

Realizzata in blocchi di arenaria chiara, ha un’ unica navata e copertura a capriata con travi in legno.

Tutt’intorno una piazza in pietra e il giardino dominati dalla vicina collina in cui sorge il nuraghe “Su Cunventu”.

La fiera del tappeto

Il 19 maggio 1961 è la data di inaugurazione della prima edizione della Fiera del Tappeto di Mogoro.

Da quell’anno e per 50 anni, Mogoro è stata la prima grande vetrina dell’artigianato artistico e tradizionale della Sardegna e promotrice indiscussa dei manufatti d’eccellenza.

Una rassegna nata per promuovere l’artigianato di Mogoro, rappresentato dalla laboriosità delle donne che realizzavano con il telaio i tessuti indispensabili al fabbisogno della casa: i sacchi del grano, le telerie per l’abbigliamento, le bisacce, le lenzuola e le tovaglie.

Ma che si dedicavano, con uno spiccato senso di creatività, anche a tessere gli splendidi arazzi di Mogoro. Arazzi ricchi di armonie romantiche e variegate, impreziosite dai segni della tradizione che si manifesta nelle composizioni floreali. La rosa, metafora della femminilità, la peonia, simbolo di ricchezza, il tulipano, simbolo dell’amore perfetto.

Ma anche con significativi richiami al mondo vegetale, come i tralci della vite con l’uva, la quercia e le ghiande che richiamano simboli di fertilità, di abbondanza, di immortalità, di virilità. O ancora i richiami al mondo animale: cavalli e aquile, liocorni e colombe incarnazione di forza, di nobiltà e di messaggi di positività per la vita.

Ma Mogoro è anche il paese de is scannajus (i seggiolai), dove è valorizzata la manualità degli scanni impagliati con erbe palustri (sa spadua).

La semplicità di una società agro-pastorale si rifletteva anche nell’arredamento delle case, limitato a pochi ed essenziali mobili, il tavolo, le sedie, la piattiera, la cassapanca, l’unico mobile di lusso della casa che ben si integrava con l’altro bene prezioso che era l’arazzo.

Ben presto la Fiera del Tappeto ha saputo aprirsi alla produzioni artistiche di tutta la Sardegna: le ceramiche con i contrasti somatici decisi e le superfici percorse da segni rapidi ritmati; i gioielli con l’accostamento sapiente di fili e granuli in cui si può individuare uno stile etnico e il segno della cultura profonda del Popolo Sardo; le lavorazioni dei metalli non preziosi, ferro, rame, coltelli che hanno la lunga e nobile storia derivante dal fatto che da quei materiali si ricavavano gli arnesi essenziali per il lavoro e per la vita quotidiana e che oggi hanno raggiunto espressioni artistiche di alto livello, come anche la lavorazione del vetro e della pelle.

Il Nuraghe Cuccurada

Il nuraghe Cuccurada è un particolarissimo “nuraghe polilobato” che sconvolge i consueti canoni architettonici nuragici.

È composto sicuramente da un nuraghe a corridoio, rivisto e riadattato in una fase più tarda. Pur essendo ancora in gran parte da scavare, mostra già in pianta e in alzato una complessità architettonica di notevolissimo interesse.

È dotato, infatti, di un ampio cortile correlato di strutture addossate d’accesso al nuraghe stesso. La struttura è dotata di sale voltate a tholos e di corridoi, ma presenta sale senza rastremazione, sormontate da lastroni di chiusura. Il polilobato, sicuramente il risultato dell’unione di due nuraghi con stile architettonico differente, chiamati “Cuccurada A” e “Cuccurada B”, consta in cinque torri delle quali quella di sud-est presenta carenze strutturali, dovute probabilmente ad un periodo di transazione architettonica.

Allo stato attuale mostra quattro livelli distinti di sopraelevazione che lo rendono uno dei monumenti più belli dell’isola. Il terzo livello di alzato mostra una sala voltata a tholos, con annessa ad una nicchia una vasca basaltica.

La sua struttura unica nel suo genere (tra i monumenti scavati finora) lo rende affascinante e al tempo stesso imponente, e lo scavo ha reso reperti di notevole interesse storico, a partire dal pre-nuragico fino al cristianesimo.

È stata riportata alla luce infatti un’antichissima muraglia pre-nuragica, e un deposito di monete del periodo punico/romano, situato in una nicchia dell’ingresso all’ ampio cortile, teste caprine (propie di culti pagani), lucerne con il candelabro ebraico a sette bracci, e lucerne paleocristiane con simbolo di Cristo.

Questo nuraghe rimette in discussione (come il Lugherras di Paulilatino) le teoria della funzione di fortezza dei nuraghi.

Puisteris

Il Villaggio di Puisteris è situato ai margini del tavolato basaltico di Perdiana, a breve distanza dal rio Mogoro, e a poche centinaia di metri dalla strada statale S.S. 131.

Il Villaggio fu scoperto negli anni ’50, gli scavi archeologici hanno portato alla luce un insediamento di capanne di forma ellittica, con zoccolo in pietra, su cui poggiavano pali e frasche, coperte con tetti di frasche.

Il primo impianto è stato datato al Neolitico Medio, Cultura di Bonu Ighinu IV millennio a.C., e fu abitato sino agli inizi del III millennio a.C.da uomini della Cultura di Ozieri.